Distingue il nostro partito

 

la linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione  dell’Internazionale;  contro  la  teoria  del  socialismo  in  un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

 

Avvertenza ai navigatori

 

Il web si dimostra troppo spesso come un fattore altamente disorganizzatore nella misura in cui per i lavoratori e i militanti che si avvicinano alle posizioni del marxismo e della Sinistra Comunista è quasi impossibile distinguere le posizioni vere dalle false, in mezzo a tutto il rumore che si genera, e rende praticamente indistinguibili i vari gruppi e gruppetti che si presentano nella scena, independentemente dalla possibilità che la pagina sia controllata, oscurata e chiusa.

In questo senso noi crediamo che non sia nostra funzione partecipare alla corsa sterile ed estetica attraverso la quale si maschera la mancanza assoluta di contenuto programmatico comunista di tante organizzazzioni e tanto meno inondare il web con montagne di testi messi là in vetrina svincolati dalla lotta materiale per il comunismo.

“La vita del partito si deve integrare ovunque e sempre e senza eccezioni in uno sforzo incessante di inserirsi nella vita delle masse ed anche nelle sue manifestazioni influenzate dalle direttive contrastanti con le nostre. (...) In molte regioni il partito ha ormai dietro di sé una attività notevole in questo senso, sebbene debba sempre affrontare difficoltà gravi e forze contrarie, superiori almeno statisticamente. È importante stabilire che, anche dove questo lavoro non ha ancora raggiunto un apprezzabile avvio, va respinta la posizione per cui il piccolo partito si riduca a circoli chiusi senza collegamento coll’esterno, o limitati a cercare adesioni nel solo mondo delle opinioni, che per il marxista è un mondo falso quando non sia trattato come sovrastruttura del mondo dei conflitti economici. Altrettanto erroneo sarebbe suddividere il partito o i suoi aggruppamenti locali in compartimenti stagni che siano attivi solo in uno dei campi di teoria, di studio, di ricerca storica, di propaganda, di proselitismo e di attività sindacale, che nello spirito della nostra teoria e della nostra storia sono assolutamente inseparabili e in principio accessibili a tutti e a qualunque compagno.(Tesi di Napoli - 1965)

Noi consideriamo che niente può sostituire lo studio collettivo dei testi del marxismo e la discussione dei temi fondamentali del corso dell'imperialismo in contatto diretto con i militanti organizzati nel Partito e con le vicissitudine della lotta fisica della classe operaia verso la sua riorganizzazione.

Lo scopo di questo punto di contatto è facilitare il collegamento dei compagni e simpatizzanti, ma siamo assolutamente lontani dalla pretesa di dare un'immagine completa del contenuto e della forma della nostra attività che si sviluppa necessariamente in molti ambiti e aspetti che il web non può raccogliere .

Invitiamo i lavoratori e i simpatizanti che leggono queste righe a valutare attentamente le posizioni che vengono esposte in questa pagina con le classiche posizioni del marxismo di Marx, Engels, Lenin e la Sinistra Comunista che sempre ha difeso il marxismo integrale fin dal 1881 (da verificare la data), e a considerarle non come opinioni di uno o di varii "individui" ma come bilanci dinamici di scontri accaduti tra forze reali di notevole intensità ed estensione. A tutti voi, rivolgiamo un invito a contattare il Partito, per chiedere più materiali, per conoscere e capire la nostra attività militante e per organizzarsi per abbattere il mostro capitalista.

 

 

Programma del Partito Comunista Internazionale

 

l Partito Comunista Internazionale è costituito sulla base dei seguenti principi stabiliti a Livorno nel 1921 alla fondazione del Partito Comunista d'Italia (Sezione della Internazionale Comunista).

1. Nell'attuale regime sociale capitalistico si sviluppa un sempre crescente contrasto tra le forze produttive e i rapporti di produzione, dando luogo all'antitesi di interessi ed alla lotta di classe fra proletariato e borghesia dominante.

2. Gli odierni rapporti di produzione sono protetti dal potere dello Stato borghese che, qualunque sia la forma del sistema rappresentativo e l'impiego della democrazia elettiva, costituisce l'organo per la difesa degli interessi della classe capitalistica.

3. Il proletariato non può infrangere né modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione da cui deriva il suo sfruttamento senza l'abbattimento violento del potere borghese.

4. L'organo indispensabile della lotta rivoluzionaria del proletariato è il partito di classe. Il partito comunista, riunendo in sé la parte più avanzata e decisa del proletariato, unifica gli sforzi delle masse lavoratrici volgendoli dalle lotte per interessi di gruppi e per risultati contingenti alla lotta generale per l'emancipazione rivoluzionaria del proletariato. Il partito ha il compito di diffondere nelle masse la teoria rivoluzionaria, di organizzare i mezzi materiali d'azione, di dirigere nello svolgimento della lotta la classe lavoratrice assicurando la continuità storica e l'unità internazionale del movimento.

5. Dopo l'abbattimento del potere capitalistico il proletariato non potrà organizzarsi in classe dominante che con la distruzione del vecchio apparato statale e la instaurazione della propria dittatura, ossia escludendo da ogni diritto e funzione politica la classe borghese e i suoi individui finché socialmente sopravvivono, e basando gli organi del nuovo regime sulla sola classe produttiva. lì partito comunista, la cui caratteristica programmatica consiste in questa fondamentale realizzazione, rappresenta organizza e dirige unitariamente la dittatura proletaria. La necessaria difesa dello Stato proletario contro tutti i tentativi controrivoluzionari può essere assicurata solo col togliere alla borghesia ed ai partiti avversi alla dittatura proletaria ogni mezzo di agitazione e di propaganda politica e con la organizzazione armata del proletariato per respingere gli attacchi interni ed esterni.

6. Solo la forza dello Stato proletario potrà sistematicamente attuare tutte le successive misure di intervento nei rapporti dell'economia sociale, con le quali si effettuerà la sostituzione al sistema capitalistico della gestione collettiva della produzione e della distribuzione.

7. Per effetto di questa trasformazione economica e delle conseguenti trasformazioni di tutte le attività della vita sociale, andrà eliminandosi la necessità dello Stato politico, il cui ingranaggio si ridurrà progressivamente a quello della razionale amministrazione delle attività umane.

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La posizione del partito dinanzi alla situazione del mondo capitalistico e del movimento operaio dopo la seconda guerra mondiale si fonda sui punti seguenti.

8. Nel corso della prima metà del secolo ventesimo il sistema sociale capitalistico è andato svolgendosi in campo economico con l'introduzione dei sindacati padronali tra i datori di lavoro a fine monopolistico e i tentativi di controllare e dirigere la produzione e gli scambi secondo piani centrali, fino alla gestione statale di interi settori della produzione; in campo politico con l'aumento del potenziale di polizia e militare dello Stato ed il totalitarismo di governo. Tutti questi non sono tipi nuovi di organizzazione sociale con carattere di transizione fra capitalismo e socialismo, né tanto meno ritorni a regimi politici preborghesi: sono invece precise forme di ancora più diretta ed esclusiva gestione del potere e dello Stato da parte delle forze più sviluppate del capitale.

Questo processo esclude le interpretazioni pacifiche evoluzioniste e progressive del divenire del regime borghese e conferma la previsione del concentramento e dello schiramento antagonistico delle forze di classe. Perché possano rafforzarsi e concentrarsi con potenziale corrispondente le energie rivoluzionarie del proletariato, questo deve respingere come sua rivendicazione e mezzo di agitazione il ritorno al liberalismo democratico e la richiesta di garanzie legalitarie, e deve liquidare storicamente il metodo delle alleanze a fini transitori del partito rivoluzionario di classe sia con partiti borghesi e di ceto medio che con partiti pseudo-operai a programma riformistico.

9. Le guerre imperialiste mondiali dimostrano che la crisi di disgregazione del capitalismo è inevitabile per il decisivo aprirsi del periodo in cui il suo espandersi non esalta più l'incremento delle forze produttive, ma ne condiziona l'accumulazione ad una distruzione alterna e maggiore. Queste guerre hanno arrecato crisi profonde e ripetute nella organizzazione mondiale dei lavoratori, avendo le classi dominanti potuto imporre ad essi la solidarietà nazionale e militare con l'uno o l'altro schieramento di guerra. La sola alternativa storica da opporre a questa situazione è il riaccendersi della lotta interna di classe fino alla guerra civile delle masse lavoratrici per rovesciare il potere di tutti gli Stati borghesi e delle coalizioni mondiali, con la ricostituzione del partito comunista internazionale come forza autonoma da tutti i poteri politici e militari organizzati.

10. Lo Stato proletario, in quanto il suo apparato è un mezzo e un'arma di lotta in un periodo storico di trapasso, non trae la sua forza organizzativa da canoni costituzionali e da schemi rappresentativi. La massima esplicazione storica del suo organamento è stata finora quella dei Consigli dei lavoratori apparsa nella rivoluzione russa dell'Ottobre 1917, nel periodo della organizzazione armata della classe operaia sotto la guida del partito bolscevico, della conquista totalitaria del potere, della dispersione dell'assemblea costituente, della lotta per ributtare gli attacchi esterni dei governi borghesi e per schiacciare all'interno la ribellione delle classi abbattute, dei ceti medi e piccolo borghesi e dei partiti dell' opportunismo, immancabili alleati della controrivoluzione nelle fasi decisive.

11. La difesa del regime proletario dai pericoli di degenerazione insiti nei possibili insuccessi e ripiegamenti dell'opera di trasformazione economica e sociale, la cui integrale attuazione non è concepibile all'interno dei confini di un solo paese, può essere assicurata solo da un continuo coordinamento della politica dello Stato operaio con la lotta unitaria internazionale del proletariato di ogni paese contro la propria borghesia e il suo apparato statale e militare, lotta incessante in qualunque situazione di pace o di guerra, e mediante il controllo politico e programmatico del partito comunista mondiale sugli apparati dello Stato in cui la classe operaia ha raggiunto il potere.

 

 

La degenerazione di “programma comunista” e la nostra battaglia

 

Nel numero 1 de "El Comunista" (nuova edizione), del maggio 1983, con cui riprendemmo la pubblicazione della rivista del Partito in spagnolo, pubblicammo alcune modeste ma sufficienti note dal titolo “La degenerazione del programma comunista e la nostra battaglia” che riassumono le cause storiche di quella degenerazione, le principali manifestazioni esterne del processo e la decisione di rompere (a gennaio 1982, nel caso della sezione spagnola) con la disciplina formale di un'organizzazione che non rappresentava più il filo storico del Partito. Queste note non furono un'elaborazione "locale" della sezione spagnola, ma erano state pubblicate dai compagni della sezione di Schio nel febbraio 1983 come parte dello sforzo internazionale per mantenere la continuità del Partito al di fuori della organizzazione formale degenerata.

Eravamo stati prima sostanzialmente espulsi - come erano stati espulse le posizioni della sinistra in generale dal cosiddetto nuovo corso - e, per questo, avevamo deciso di rompere la disciplina formale che per i marxisti non significa nulla se non è legata alla continuità della linea e all'unità di dottrina-programma-tattica.

La successiva conferma che la direzione di questa organizzazione formale non rappresentava più il filo storico del Partito non tardò ad arrivare. Questa direzione, contro la cui degenerazione avevamo mantenuto la nostra battaglia, è saltata in aria pochi mesi dopo: nell'ottobre 1982 (quando El-Oumami, Proletarier e il centro parigino, si staccarono su basi sempre più attiviste); nel giugno 1983 quando si dette libero sfogo al “dibattito interno” apertamente democratico e una parte della redazione si fece da parte; nel gennaio 1984 quando quest'ultima parte recuperò la rivista in tribunale e l'altra parte iniziò a pubblicare “Combat”; nel 1985 quando da “Combat” sorge “il Comunista” e si fonde con “le Prolétaire”.

È importante notare che il nostro numero 1 del maggio 1983 precede la rissa per il controllo de "il programma comunista" a partire dal giugno 1983 tra le diverse varianti del nuovo corso che non si erano dichiarate apertamente liquidazioniste dell’involucro formale del partito, e le descrive tutte.

 

 

LA DEGENERAZIONE DEL PROGRAMMA COMUNISTA E LA NOSTRA BATTAGLIA

[El Comunista nº1 - maggio 1983]

 

Con queste modeste note cercheremo di spiegare a tutti coloro che ci conoscevano come sezione del Partito Comunista Internazionale perché si è giunti alla frattura, tra l’organizzazione Programma Comunista e noi.  Esse sono rivolte soprattutto a coloro che hanno seguito la nostra attività e ci hanno visto intervenire nelle lotte di zona con continuità senza facilonerie ed effimeri entusiasmi; Che ci hanno forse criticato per quello che poteva sembrare un presunto settarismo delle nostre posizioni politiche e sindacali (ma dallo stato attuale di "Programma Comunista" si vede dove si può giungere anche con il minimo cedimento rispetto a posizioni per noi irrinunciabili), ma non hanno mai potuto imputarci di mancanza di coerenza nel nostro lavoro sempre legato al filo rosso che va da Marx a Lenin alle posizioni della Sinistra Italiana.

Tale rottura non è stata improvvisa, ma è stata la inevitabile conclusione di un travagliato processo durato almeno due anni che non ci ha visti passivi, chiusi nella torre d’avorio di una presunta integrità politica (ciò sarebbe stata una posizione antimarxista), bensì ci ha visti condurre in prima fila una battaglia sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione per tentare di raddrizzare, sia pur con le nostre limitate forze, delle linee di tendenza che si discostavano sempre più dall’indirizzo classista che sempre era stato patrimonio della nostra organizzazione. Eravamo d’altra parte consci, sia dell’impossibilità di raddrizzare in toto l’insieme del Partito dove ormai queste tendenze avevano piantato profonde radici (salvo forse il caso del resto remoto di una drasticamente mutata situazione esterna con una ripresa generalizzata della lotta di classe), sia della necessità nonostante ciò di "ribattere i chiodi" e di gettare le basi perché non si disperdessero le forze che si opponevano al "nuovo corso".

La degenerazione di "Programma. Comunista” non è avvenuta all’improvviso (come d’altra parte nessun partito comunista è mai degenerato dall’oggi al domani; i crediti di guerra votati nel 1914 dalla socialdemocrazia tedesca non sono stati il tradimento di un nucleo di dirigenti corrotti, bensì il prodotto di forze materiali operanti da anni che erano riuscite a svuotare, in una situazione di relativa pace sociale, il partito di ogni volontà e possibilità di lotta, integrandolo nel sistema parlamentare borghese, anche se sulla carta restavano altisonanti dichiarazioni di principio). La degenerazione di "Programma" non è stata dunque opera di una fantomatica "banda dei quattro”, ma del peso tremendo di una controrivoluzione che ormai dura da oltre cinquant'anni ed ha permesso l’infiltrarsi nella nostra organizzazione, che unica era riuscita dal ’45 ad oggi a conservare intatto il patrimonio programmatico e tattico del marxismo, di tendenze velleitaristiche ed empiriste (seppur inizialmente solo tendenze e per di più mascherate sotto la veste di una formale disciplina ai principi). Solo si sono salvate da questo processo poche "isole", dove cioè vi è stata maggiormente la possibilità di resistere al persistere di una situazione esterna ammorbante e completamente amorfa, in virtù di particolari prerogative quali la possibilità di svolgere un costante lavoro all’interno della classe operaia, l’esistenza di una rete di simpatizzanti legatisi al partito su precise posizioni programmatiche e sugli invalicabili limiti tattici da queste derivanti, e soprattutto la fusione tra la vecchia guardia della sinistra e le nuove generazioni; non vi sono stati sbalzi sul filo del tempo: i giovani hanno imparato dai vecchi non solo l’abc del marxismo, ma un metodo e il senso della militanza partitica della sinistra a contatto con la classe operaia. E proprio per questo senso della militanza, non c'è stato nel momento in cui arrivavano al centro del partito le prime indicazioni stonate, né una diaspora di compagni, accortisi del cambiamento di rotta, nè la risoluzione, allora errata (perché a priori non si poteva escludere la seppur remota possibilità di una inversione di tendenza), di uscire dall'organizzazione. La questione d'altra parte era stata scolpita nelle tesi di Lione del 1926.

“Essendo assurdo e sterile, nonché pericolosissimo, pretendere che il partito e l'Internazionale siano misteriosamente assicurati contro ogni ricaduta nell'opportunismo, che possono dipendere da mutamenti della situazione come dal gioco dei residui delle tradizioni socialdemocratiche, nella risoluzione dei nostri problemi si deve ammettere che ogni differenziazione di opinione non riducibile a casi di coscienza o di disfattismo personale può svilupparsi in una utile funzione di preservazione del partito e del proletariato in genere da gravi pericoli. Se questi si accentuassero, la differenziazione prenderebbe inevitabilmente ma utilmente la forma frazionistica, e questo potrebbe condurre a scissioni non per il bambinesco motivo di una mancanza di energie repressiva da parte dei dirigenti, ma solo nella dannata ipotesi del fallimento del partito e del suo asservimento ad influenze controrivoluzionarie… Nella situazione di oggi nel Comintern non si delinea la costituzione di una opposizione internazionale di sinistra, ma se continuasse lo sviluppo dei fattori sfavorevoli fin qui indicati, il formarsi di una tale opposizione sarà nello stesso tempo una necessità rivoluzionaria e un riflesso spontaneo della situazione".

In tali occasioni, esprimemmo dunque, senza lavoro "sotterraneo" che non appartiene alla nostra tradizione, tutti i nostri dubbi rispetto alle tendenze innovatrici circolanti sia al centro che alla periferia del partito, denunciandone lo stato di crisi.

In effetti il partito dall'inizio degli anni '70 attraversa uno stato di crisi ricorrenti. Quali le cause?

La crisi del sistema capitalistico si fa di anno in anno più grave, cresce la disoccupazione, aumentano i licenziamenti, diminuiscono i salari, peggiorano le condizioni di vita dei proletari e si accendono focolai di guerra in ogni parte del globo mentre la guerra commerciale si inasprisce sempre più. A questa crisi economica non corrisponde però una ripresa della lotta di classe e anche se sporadicamente divampano delle fiammate di rabbia operaia, il proletariato delle metropoli dà pochissimi segni di ripresa.

L'opportunismo che ha disarmato sia materialmente che ideologicamente il proletariato nel primo dopoguerra, conserva ancora la sua influenza disgregatrice e demoralizzatrice sulla classe operaia.

Due dunque gli elementi da considerare:

CURVA ECONOMICA: crisi capitalistica in ascesa

CURVA SOCIALE: (o di ripresa del movimento di classe) piatta o addirittura in discesa.

Si trattava dunque, e non era certo facile, di non farsi prendere dall’ansia, di colmare il ritardo (soggettivamente incolmabile!!!) fra queste due curve, né a maggior ragione di imputare a cause soggettive questo ritardo, bensì di essere ancora più ferrei di fronte a questa situazione sfavorevole nel ribattere i chiodi di sempre, nell’affilare le armi della critica, nel ribadire i limiti inderogabili della rosa delle eventualità tattiche già tracciate a grandi linee per questo ciclo storico; lavoro senza dubbio pesante in quanto non si vedevano ancora nemmeno i prodromi della grande ondata rivoluzionaria, ma necessario e inderogabile per poter giungere con un partito sia pur piccolo, ma rivoluzionario, all’appuntamento storico della coincidenza delle due curve.

All'interno di "Programma Comunista" si sente invece sempre più spesso parlare di ritardo di fase, di abitudini vecchie e inveterate da dimenticare, di un nuovo ciclo storico che ha colto impreparato il partito e di conseguenza della necessità di colmare il "ritardo" (di colmare cioè volontaristicamente il ritardo tra curva economica e curva sociale).

Dato che la classe operaia è “amorfa", si individuano settori preferenziali di intervento quali studenti, disoccupati, inquilini, donne, giovani, sottoproletari (che in effetti possono essere coloro che risentono di più la crisi, ma non possiedono certo nessuna omogeneità di classe proprio perché classi non sono) identificandoli come gli strati più sensibili del proletariato da dove la lotta può estendersi al coinvolgimento della classe operaia (mentre semmai proprio in modo contrario avviene il processo, cioè sono le mezze classi che vengono eventualmente trascinate dalla classe operaia in lotta). Nella stessa ottica si tende a sopravvalutare le lotte del proletariato e dell'ala sinistra della borghesia terzomondista, e si valuta che il grande scossone contro il sistema capitalistico possa partire dalla periferia. Contemporaneamente e conseguentemente si comincia a dilatare pericolosamente la rosa di eventualità tattiche di intervento del partito nel proletariato, per colmare il presunto ritardo. Ancora nel 1951 le "tesi caratteristiche del partito" scrivevano:

"Per accelerare la ripresa di classe non esistono ricette bell'è pronte. Per far ascoltare ai proletari la voce di classe non esistono manovre ed espedienti, che come tali non farebbero apparire il Partito qual è veramente ma un travisamento della sua funzione, a deterioramento e pregiudizio della effettiva ripresa del movimento rivoluzionario, che si basa sulla reale maturità dei fatti e del corrispondente adeguamento del Partito, abilitato in questo soltanto dalla sua inflessibilità dottrinaria e politica" (Tesi caratteristiche del partito – dicembre 1951).

Si prospetta di fatto in una situazione di stasi la possibilità del "fronte unico" e si spaccia come tale (vedi C.N.C.L.) l'accordo tra gruppi politici con una limitata influenza su limitatissimi gruppi operai. Si dà una possibile patente di classe a settori del movimento pacifista (che rappresentano una delle espressioni dell'ideologia borghese e controrivoluzionaria tesa al disarmo del proletariato). Si comincia rompendo con il metodo del centralismo organico ad usare l'arma dell'espulsione per eliminare le posizioni di critica che sempre più numerose si levano contro le tendenze deviazionistiche. Si giunge infine, a livello internazionale non solo ad appoggiarne, ma perfino a cercare un legame con un'organizzazione da sempre denunciata come borghese, quale l'O.L.P.

Di fronte a questa "escalation", dove alla fine l’eclettismo in materia tattica si è tradotto nel rinnegare posizioni di principio, dove non era più possibile, pena l'accodarsi, rimanere in tale organizzazione, abbiamo rifiutato l'accettazione della disciplina formale, perché un'altra disciplina, non caporalesca ci ha sempre guidato. Abbiamo mantenuto i legami con gli espulsi (e lo abbiamo rivendicato apertamente), abbiamo stretto legami con altri compagni (Spagna, Italia in particolare, ma non solo) che come noi si opponevano alla “degringolade” (ruzzolone) del partito. Nell'attività per la rottura abbiamo rivendicato, ancora una volta, il metodo da sempre adottato dai comunisti per giungere ad una scissione che fosse organica e non volontaristica, chiara e non frutto di suggestioni del momento, in una battaglia che è sempre stata aperta e non clandestina. Sempre ci ha guidato il richiamo alla nostra tradizione, ai nostri principi, al nostro metodo, l’adesione al lavoro riaffermatosi nel partito dal 1952.

Continueremo su questa strada della sinistra con tutti quei compagni che lavorano per la riaffermazione integrale del programma comunista.